17 Gennaio 2024

Like a selfie: riflessioni schermate tra caffè e dissensi

Riflettevo sulla creatività, distinguendo tra quella sobria e quella ostentata, e mi rendevo conto di quanto sia spesso surreale questo mondo, un luogo di luci e ombre in cui l’esibizione della ricchezza si trasforma in una strana performance di egocentrismo e complessi nascosti.


Mentre alcuni abbracciano la creatività con umiltà, una parte di creativi (e non solo) trasforma ogni atto in un’installazione artistica di lusso. L’ostentazione diventa la tela su cui dipingere un ritratto di sé, non come l’eroe della storia, ma come uno che cerca freneticamente di coprire insicurezze.

L’ufficio diventa il palcoscenico di un teatro dell’assurdo, con scrivanie e lampadari più adatti a un reale che a una riunione di brainstorming. L’esibizione non risiede tanto nell’originalità delle idee quanto nel mostrare quanto possa essere ingente il proprio portafoglio.

E poi c’è l’armadio dell’ego, dove vestirsi diventa un’esibizione di potenza economica. Abiti griffati con marchi XXL, accessori vistosi, ed etichette visibili a 30 mt, il tutto per creare un’immagine di grandezza apparente.


Poi penso a quanto questa ricerca di approvazione tocchi tutti i settori, in modi a dir poco assurdi. Viviamo in un mondo in cui fotografare un caffè è un atto di esibizionismo, facendoci chiedere quanto sia ostentato il nostro quotidiano, anche nelle piccole cose. La generazione degli scatti istantanei sembra una sorta di terapia sociale per complessi e insicurezze.

L’arte dello schermo ci mostra uno specchio distorto, dove la vita quotidiana diventa una corsa forsennata di like e commenti. Un fenomeno che va oltre la semplice condivisione, rivelando un’ossessione per l’approvazione online e un allontanamento dalla realtà, tanto che persino Giordano Bruno sospirerebbe di fronte a questa abbondanza di selfie-approvazione.


In questa danza tra ostentazione e dipendenza digitale, la generazione dello schermo cerca validazione online, esibendo complessi dietro filtri, pose studiate e brand esposti. Ma attenzione, perché in questo mondo digitale, l’arte dello schermo rischia di offuscare il pensiero critico e il coraggio di dissentire. E non dovremmo stupirci se i nostri figli non sanno più stare a tavola senza un supporto digitale tra le mani.

Piuttosto che cadere nella trappola della conformità online, abbracciamo l’autenticità delle esperienze, riflettendo con un caffè in mano senza l’ossessione di scattare una foto per dimostrare qualcosa. Riscopriamo il piacere di leggere e riflettere, oltre le barriere schermate della superficialità digitale.


Quindi, creativi (e non solo), concedetevi il lusso della sobrietà, dell’eleganza e dello stile, aspetti che hanno poco a che fare con l’ostentazione forzata e la ricerca sfrenata dell’approvazione social-digitale.